I principali studi epidemiologici effettuati sulla popolazione occidentale dimostrano che oltre il 40% degli individui soffre nel corso della vita di almeno un episodio di malattia emorroidaria o sindrome emorroidaria. Che cosa intendiamo per sindrome emorroidaria? In realtà molti disturbi quali il prurito e dolore anale, la sensazione di massa durante la defecazione, il sanguinamento, la stipsi, possono essere presenti nella malattia emorroidaria.
E’ comunque opportuno sfatare l’idea diffusa nella popolazione, che le emorroidi siano una patologia: in realtà ogni individuo nasce con le emorroidi che servono per la continenza fecale. Le emorroidi possono divenire una patologia quando, alterata la struttura anatomica (trombosi, prolasso, ulcerazione, ecc.), procurano effetti collaterali avvertiti dal paziente. Questi disturbi generalmente spaziano dal sanguinamento al dolore con tutte le variabili intermedie. Poiché la patologia emorroidaria, come abbiamo visto, è molto frequente nella popolazione, il mercato offre un’enorme quantità di prodotti sia per uso sistemico che topico. Altrettanto dicasi per le numerose tecniche chirurgiche proposte.
Il punto cruciale è cosa fare se le emorroidi danno segno si sé e non rispondono alla terapia medica. In passato al paziente affetto da sindrome emorroidaria veniva offerta solo un’unica alternativa: l’emorroidectomia secondo le tecniche di Langebek, Milligan-Morgan, Ferguson, Parks), cioè l’ asportazione radicale delle emorroidi in sala operatoria. Oggi vi sono delle alternative terapeutiche meno invasive: legatura elastica, scleroterapia, mucoprolassectomia (tecnica di Longo), emorroido-sospensione, legatura delle arterie emorroidarie. Purtroppo quando vi sono differenti proposte terapeutiche per la cura di un’unica patologia, accade che il paziente rimanga confuso e perplesso e non sa cosa scegliere al meglio per il suo caso specifico. Anche le informazioni reperibili in internet sono frequentemente fuorvianti perché sponsorizzate o fornite da persone inesperte della patologia di cui trattano. Stesso fenomeno si presenta per quanto riportato su riviste di larga diffusione o di tipo medico non validate da società scientifiche. E’ bene sapere che non sempre a una tecnica meno invasiva corrisponde minore dolore post-trattamento soprattutto se l’indicazione è errata, con il rischio di aumentare l’incidenza delle recidive.
E’ fondamentale formulare la corretta diagnosi, escludere la presenza di una patologia tumorale o infiammatoria con un accurato esame specialistico proctologico completato da eventuali esami pre-operatori quali la rettoscopia, colonscopia, manometria ano-rettale, defecografia. Infine il paziente deve ricevere e comprendere le informazioni circa il suo stato di salute e quindi le possibili strategie terapeutiche discutendo insieme i pro e contro di ogni procedura attuabile, per condividere la scelta finale su che cosa fare.